Sonia Tri

Fiori di maggio


Il treno si mosse e lei notò di stringere troppo i mughetti che teneva in grembo. Li soffocava senza volerlo, tra le mani tremanti e sudate. Si sentiva come una di loro ora che lasciava la sua terra.
Dal finestrino le montagne sembravano un grande disegno incorniciato ed i suoi colori colavano in un pianto silenzioso mentre il cuore sembrava concorrere con l'isteria del treno sulle rotaie..
Avrebbe voluto tornare a casa o forse, più semplicemente, parlare con qualcuno.
Era sola,con quell'enorme bouquet di corolle bianche ad assicurarle di venire riconosciuta, una volta giunta a destinazione.
Milano non era troppo distante e Severina le aveva assicurato che, a servizio dalla famiglia Sordi,si sarebbe trovata bene.
Doveva calmarsi, continuare a credere che quel viaggio era l'unica soluzione per una vita diversa da quella di sua madre che mai aveva visto senza "cos" sulla schiena, ora carico di fieno, ora di legna.
Su e giù per le valli, dall'alba al tramonto, per non contare le volte che partiva quand'era ancora notte fino a raggiungere, a piedi, tutti i mercati dall'altra parte del monte , dove vendeva mestoli e scodelle di legno intagliati da suo nonno durante le nevicate invernali.
Per se stessa sognava decisamente un'esistenza meno travagliata, più moderna come le aveva ripetuto Severina che, al suo primo ritorno in paese, aveva sfoggiato un paio di sandali bianchi e un'acconciatura semi corta al posto delle grosse trecce con cui era partita.
Tutto ciò era sufficiente per convincersi nuovamente della decisione.
Respirò a fondo e asciugò il pianto con il dorso della mano.
Alla fermata successiva salì una signora con un bambino in braccio..
Era una signora vera, come non ne aveva mai viste prima.
Ne aveva solo sentito parlare da suo fratello che aveva fatto il militare a Torino e le aveva incontrate al circolo sottufficiali, sorridenti e vestite di sete a fiori.
C'era una grande differenza tra signore e donne -diceva-
E le tornò in mente in mente sua madre, che non profumava mai, che aveva le mani grosse ed i capelli grigi da tutta la vita,intrecciati e fissati sulla nuca da tutta la vita, come se fosse nata così.
Era una donna, sua madre, con le croci cucite sulla pelle, intrecciate con i capelli vecchi.
Per tutta la vita era vissuta nel piccolo borgo montano lavorando come unica ragione di vita e rincorrendo padre, marito e figli dentro il vino delle osterie, dentro l'inospitalità delle loro cucce al posto del cuore, senza rendersi mai conto dell'enorme sacrificio che compiva, senza merito.
Neppure col vestito da sposa, come l'aveva vista in una fotografia ingiallita, velata come una madonna che sorrideva al suo sposo impacciato, sembrava una signora.
Con la coda dell'occhio sbirciò la passeggera che aveva di fronte.
Indossava un vestito molto ampio, rosso scuro e una papalina dello stesso colore sui capelli corti come quelli di Severina.
Aveva orecchini di perle,collana e bracciale di perle.
Emanava profumo di rosa e sorrideva tenendo le labbra chiuse.
Si sentì in imbarazzo.Smise di pensare a sua madre e si intrattenne per pochi secondi nell'ambizione di diventare anche lei una signora, con la collana di perle.
"Sono molto belli quei fiori,hanno un profumo incredibile.
Li deve regalare a qualcuno?" -trasecolò- "Sono mughetti, fiori di maggio. Glieli darei volentieri,ma mi servono per essere riconosciuta una volta arrivata a Milano"-
La signora fece un piccolo cenno di assenso con il capo e sfiorò con le dita una di quelle odorose spighe di campanelline pendule.
"Anch'io sono di Milano.."-accennò-"Viene per lavoro?"-
La ragazza rispose di si ."Appena scesa dal treno, devo alzare il mazzo di fiori, così,l'avvocato mi riconoscerà e mi porterà a casa sua dove prenderò servizio"-
"Avvocato?"- ripetè la signora- "Come si chiama?"
"Sordi, come quelli che non ci sentono" - l'interlocutrice rise di gusto-
"Il mondo è proprio piccolo! Conosco l'avvocato Sordi, è un collega di mio marito. E dica, lei come si chiama?-
Tutta rossa in volto,per aver causato quella risata,l a ragazza rispose di essere "Caterina".- "Bene cara,resterò con lei fino a quando incontrerà l'avvocato, contenta?-
Maria scoppiò in lacrime. Era come se quelle parole abbattessero tutta la tensione che le covava dentro da giorni.
Improvvisamente il treno che correva sembrava decelerare dolcemente.
-"Non pianga Maria. Mi dica piuttosto, quanti anni ha?"-"Quindici."


In quel mentre,arrivò il controllore e chiese i biglietti. Era un uomo minuto,ma con voce autorevole. Presa visione del biglietto della giovane, sbottò
-"Ma questo è per la terza classe, che ci fa lei in prima?"-
Maria non capiva. Era salita dove capitava, appena inteso che quello era il treno da prendere.
-"Devo farla scendere signorina."-
Continuando a stringere i fiori,Maria supplicò l'uomo di lasciarla li.
Si sarebbe persa, avrebbe perso il coraggio di proseguire._
"Si calmi!- l'apostrofò il controllore invitandola a pagare la differenza per continuare il viaggio in prima classe.
-"Certo,posso pagare..."-singhiozzò lei, tirando fuori da un taschino della camicia tutti i suoi averi.
Erano i soldi che le aveva imprestato il parroco del paese per partire.
Non aveva altro, in fondo andava a Milano per lavorare.
Il controllore si grattò il mento e sbuffò costernato -Mi dispiace, ma questi non coprono neanche la metà dell'ammontare..."
Quelli,erano tanti soldi, pensò la poveretta, ma quando fece per alzarsi e seguire il pubblico ufficiale la signora vestita di rosso la pregò di riaccomodarsi al suo posto.
-"Pagherò io!"disse e congedò il controllore con la differenza..
-"Come posso ringraziarla?"- Sussurrò la poverina a testa bassa
-"Suvvia,cara! Magari un giorno o l'altro mi farete recapitare un mazzo di mughetti come quello che stringete in mano.."-
Certo,pensò la piccola montanara. Avrebbe raccolto per la sua benefattrice tutti i fiori della vallata, la prima volta che fosse tornata a casa. Avrebbe mandato suo fratello Ton ,sulla roccia a raccogliere anche le stelle alpine e le genziane che spuntavano nascoste.
Il viaggio proseguì tranquillamente. La signora cullava il suo bambino vestito tutto di bianco. Così diverso anche lui dai bambini che aveva lasciato sulla valle: scalzi, capelli rasati, moccio al naso. Ora, le davano la sensazione di essere vecchi,come le trecce della madre ed ogni altro ricordo che affiorava.
Tutto sembrava finire e ricominciare. Tutto sembrava riscattarsi nell'ambizione e comunque non si poteva tornare indietro.
Si sarebbe disfatta del suo passato e avrebbe regalato alla madre profumo di rosa. Così che Dio a quel punto si accorgesse di lei e ne avesse rimorso.
L'altoparlante annunciò l'arrivo alla stazione centrale di Milano.
Dal finestrino le sagome veloci di palazzi alti. Perché piangeva di nuovo?
La signora vestita di rosso la prese sottobraccio: "Venga Maria, siamo arrivate".
Le tremavano le gambe e appena scese dal treno ebbe la sensazione di svenire. Era tutto enorme,gente ovunque.
Alzò in alto il suo bouquet di mughetti e si lasciò trascinare dalla benefattrice fino ad un'immensa scala.
Lì si fermò, un uomo la chiamava per nome e la raggiunse facendosi strada tra la ressa."Ho notato i fiori..."-disse invitandola a tirare giù il braccio ancora sospeso in aria, lei obbedì. Lasciò che l'uomo e la signora vestita di rosso si parlassero brevemente e, prima di seguirlo come un cagnolino, porse i mughetti alla signora.
Erano sfiniti, il loro candore si era trasformato in pallore, ma la signora li accettò con la stessa grazia con cui li aveva guardati appena salita in treno.
-"Mi raccomando a lei,Maria"...- disse commossa e per un attimo ebbe l'impressione che un'altra ragazza scendesse la scalinata della stazione centrale.
Anche lei con un mazzo di fiori sollevati. Ma quelli erano ciclamini e la giovinetta era scesa molti anni prima.

2 commenti:

  1. Storia triste ben narrata e con stunti di rifelssione interessanti. Mi ha lasciato il segno. Compliemnti.

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  2. Leggendolo perchè molto scorrevole e piacevole, non ho potuto fare a meno di pensare al messaggio che racchiude e che in definitiva altro non è che la storia di una ricerca di condizioni di vita e lavoro migliori di quelli che ci sono stati riservati fino a quel momento.
    Mi viene d'impeto di affermare che c'e' un prezzo da pagare quando si tagliano le proprie radici, perchè di questo si tratta: si deve ricominciare da capo, si deve rinascere in un altro luogo e acquisire nuovo equilibrio.
    E all'inizio non ci si rende conto di quanta energia e fatica sia necessaria per fare questo.
    Mi è piaciuto perchè mi sono immedesimata non poco.
    Un ringraziamento ed apprezzamento all'autrice.

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