Ombretta Cigni

N. 787 ZERO ZERO SETTE





– Sì, sono Bondi, Giovanna Bondi, dica..
– Senta, telefono per l’annuncio, per la serie completa dei Topolini del millenovecentottantatre, ottantaquattro e cinque. Mi interesserebbero. Quanto chiede, che sul giornale non compare il prezzo?
– Mi spiace, li ho già dati via, se chiamava un’ora fa erano ancora in ballo.
– Non per farmi gli affari suoi, ma a quanto li ha venduti?
– Qualsiasi cifra fosse, ora mi direbbe che è poco. Perciò non glielo dico, così i miei transiti biliari ci guadagnano in fluidità. Tanto che cosa cambia? Ma ho per lei una splendida serie di giornaletti: tre annate complete di Ciao ragazzi dal millenovecentosettantaquattro al settantasei. Le interessa?
– Potrebbe, …dipende dal prezzo.
– Scommetto che è di Venezia, Venezia isolana, dico.
– Indovinato! Perché?
– Tutti poveri e bisognosi come Pantalon e con le tasche piene di sghej, e poi dicono dei genovesi, che spesso sono squattrinati veramente. Insomma li vuole o no i Ciao ragazzi? Prezzo forfettario trenta euro intrattabili.
– Lei è simpatica e io un veneziano generoso. D’accordo per venticinque e le offro tè e pasticcini. Dove ci incontriamo per lo scambio?
– La conosce la Partenopea, vicino alla stazione? Lì, un quarto alle cinque. Okkei? E porti i trenta sacchi. Non transigo. E accetto volentieri una fetta di pastiera e il tè.
Riattacco ridendo.
Bella voce cavernosa da fumatore, probabilmente un nostalgico degli anni Settanta. I Ciao ragazzi io li avrei pure regalati, che mi fanno solo ingombro in soffitta. Ma se penso al peso del trasporto potevo chiedere di più, dato che devo fare anche tre piani di scale senza ascensore.
Ehi, ora che ci penso, come lo riconosco quel tipo, non gli ho chiesto neanche il nome, nè il telefono, sono proprio una sballata. Comunque se mi fa un bidone getto tutto nel cassonetto della carta e ciao ragazzi. Non torno fin su in soffitta con dieci chili di giornalini!

– Eccomi! Signora, ehm … signorina Bondi, l’ho riconosciuta dalla borse coi giornaletti, sono quello dei trenta sacchi. Ho deciso di smentire la fama dei veneziani.
– Salve, sono Bondi, Giovanna Bondi, piacere.
– Vittorio, Vittorio Alfieri, piacere mio.
– Noo! Lei, di persona! Ma, non era torinese? Dica: trattasi di caso o di discendenza familiare? Lo sa che l’ho sempre trovato barbosissimo?

Bene, è cominciata così! E ora vado a letto con Vittorio Alfieri.
E, dirò, non è niente male! Un po’ rigidino, un po’ di puzzettine sotto il naso, un po’ di passatismo, convenzionalismo perbenismo veneto, ma è fascinoso, cortese, coltissimo. Io lo prendo un po’ in giro e lui si diverte, sorride, non è per niente suscettibile.
Ah che bellezza! Finalmente un uomo sicuro di sé, calmo, con solide radici, sempre di buon umore, mai in competizione con nessuno, desideroso di godersi in pace la vita. Un uomo d’esperienza, ammogliato per dodici anni, divorziato, una figlia dottoranda, un figlio ingegnere già sistemato, ma soprattutto … sentite questa che è una chicca sopraffina, un bocconcino succulento, una rarità rara, cosa fa Vittorio? Non indovinereste mai! Perché io non me lo sarei mai aspettato da un tipo come me di incontrare un tipo come lui. Ne ho parlato male per anni, con astio e invidia, ne ho detto peste e corna della sua categoria e ora… ironia del caso…
Ora vado a letto con nientedimenoche …un notaio!
Un notaio, capite!?
Sissignori, è una bella soddisfazione rispondere ad amici e curiosi – Ti ho vista l’altra sera a teatro col tuo moroso. Bell’uomo! Che fa?
- Notaio! –
- Ah! e restano a bocca aperta, meditabondi, confusi.
Soddisfazione doppia, perché ripeto, ci sa fare in tutti i sensi. E poi e poi, ha questa casa in campo Santa Maria Formosa, una casa formidabilmente formosa. Una casa con le trifore e le bifore tutte traforate e romantici veroni e saloni enormi e un corridoio in cui ci starebbero tre o quattro monolocali con servizi. Ci sono poi una cucina con camino e un soggiorno dove ci si potrebbe tranquillamente giocare a bocce e anche a pallavolo perché ha i soffitti altissimi, però con le travi a vista. E c’è tutto un labirinto di stanze da esplorare e mobili antichi intarsiati pieni di roba e collezioni di vetri, ceramiche, dipinti…
E che cosa se ne fa dei giornaletti, dei fumetti e compagnia bella?
Sentite questa, li tiene in bagno! Non ve l’aspettavate, eh?
Ha un bagno grande come il soggiorno di casa vostra, ed è solo uno dei tre dell’appartamento. E’ un bagno da meditazione, dice lui, con una parete rivestita da una libreria colma di riviste, fumetti e giornaletti d’epoca, dagli anni cinquanta agli ottanta. Fate voi!
Ma la mia stanza preferita è lo studio, ed è anche la stanza dove sono stata sedotta la prima volta. Ah, l’infido notaio dalla lunga mano tentatrice!
Oltre ad un “comodo” divano, la stanza è dotata di ogni meraviglia per me. Non so se avete mai visto in fotografia lo studio di Sigmund Freud. Ecco, una cosa del genere, pareti rivestite di libri e davanti ai libri oggetti magnifici da collezione, egizi quelli di Freud, cinesi quelli di Vittorio, poi tappeti, piante, tavolini, fotografie, fogli, riviste, appunti dappertutto, ma non in disordine, bensì in armoniche sovrapposizioni e alternanze di volumi. Lì, come in diverse altre stanze, si può ascoltare musica, guardare un film, collegarsi al mondo wi fi e tutto il resto.
Intendiamoci, questo non è lo studio notarile, con le segretarie e i rogiti, quello sta in un altro sestiere, è semplicemente lo studio personale di Vittorio, con la vista canale ombreggiata da drappeggi di splendidi tessuti damascati.
Io ho quindici anni meno di Vittorio, che ne ha cinquantuno, ho fatto ragioneria e sono stata iscritta a filosofia per sette anni e per i successivi sei a scienze politiche, sostenendo in totale sette esami. Adesso sono iscritta a un corso di tango argentino.
Comunque non ho complessi di sorta, ma ho un grave difetto di natura genetica: sono sensibile e romantica, sotto la scorza ironica.
Ho letto di tutto: dagli Harmony all’Estetica di Adorno. E preferisco gli Harmony.
Ho iniziato a studiare un sacco di lingue diverse e ora posso tranquillamente ordinare acqua minerale pollo insalata caffè e il conto per favore in quasi tutto il mondo. Quando sono a casa mia passo il tempo a leggere e a dipingere. Dipingo sempre lo stesso soggetto: donne sedute che guardano fisso qualcosa che sta fuori della cornice del quadro.
Roba da psicanalisi, ma io me ne guardo bene. Quelle donne mi piacciono e voglio continuare a dipingerle. Così, senza ambizioni, né pretese.
Lavoro in un ufficio di contabilità e le mie colleghe mi snobbano un po’ da quando sto col notaio e mi vedono contaminata dal marchio del privilegio.

Bene, tutta questa era una premessa a una dichiarazione che andava contestualizzata.
Ecco la dichiarazione: - Vittorio non mi convince.
Prima di tutto, chi sono esattamente io per lui? Io dico che è il mio moroso, ma non è del tutto chiaro. Sì, ci vediamo regolarmente da sette, otto mesi, in genere il martedì e poi il fine settimana, facciamo tante belle cose insieme: andiamo a cena in posti carini, o fichissimi, o informali, divertendoci a cambiare ambiente, abiti, atteggiamenti, giochiamo a quello che chiamiamo “mimesi sociale”; andiamo a teatro, cinema, concerti, mostre, vernissages; abbiamo fatto due o tre fine settimana nelle capitali europee, Amsterdam, Budapest, Londra, e ce la siamo spassata un sacco. Trascorriamo oziose, pigre, meravigliose ore nella sua fantastica casa labirinto, dormicchiando, bighellonando nudi o seminudi, ascoltando musica, mangiucchiando, ripassando il Kamasutra. Mi fa regali, paga sempre lui, e ci mancherebbe altro!
Non è pressante, non è arrogante, non è noioso.
E allora? Allora non mi convince! Uffa!
Ho la sensazione di riempire una nicchia, una nicchia ampia, se vogliamo, ma sempre nicchia è. Ben delimitata, coi suoi orari, le sue categorie…e dentro io ci faccio la bella statuina. Non facciamo mai progetti, sguscia come un serpente se accenno a proposizioni con soggetto plurale del tipo “noi potremmo …” “e se noi insieme facessimo…”. Non gli va a genio il pronome “noi”. Così ho la sensazione che “noi” in quanto coppia non esistiamo. Per lui siamo un bell’incontro, una bella storia, un …viaggio a termine. Magari non intravvede esattamente il termine, ma sa che il capolinea prima o dopo si presenterà.
Attenzione, anch’io lo so che l’amore non è eterno, che le storie finiscono e bla bla…
Ma…, c’è “un ma” che fa la grandissima differenza: quando si ama, non lo si fa in termini temporali, il tempo non esiste. Quando si ama in quest’attimo irripetibile che è il presente, dico, e che è l’unico che esiste veramente, si ama per sempre. Oggi ti amo per sempre, domani si vedrà. Non so se mi spiego, sembra una contraddizione, ma non lo è.
Lui invece mi ama a termine già oggi. Cioè non mi ama, gli piaccio, lo seduco, lo intrigo, lo diverto e lo attizzo.
Se smettessi di essere simpatica, brillante, sgasolosa, cioè a tutto gas, come in genere sono e diventassi un po’ opaca, stanca, problematica, smetterebbe d’incanto di “amarmi”. E attenzione, è un tipo prudente, non ha mai detto “ti amo”, ma solo generiche affermazioni di striscio, di sguincio, scivolate tra le fessure di un momento di abbandono, di eccitazione. Frasi tipo “lo sai che sei proprio il mio tipo?”, “mi piaci da morire, bambina”, “ti voglio bene quando sei così”, “ mi sorprendi sempre e mi piaci sempre di più”, eccetera eccetera.
Vittorio non mi convince, mi nasconde attentamente la sua anima, è un uomo d’esperienza e di mondo, molto intelligente, intuitivo, diplomatico, strategico, riservato, …in fondo è un calcolatore.
Vuoi vedere che in fondo in fondo nei sotterranei della sua anima notarile potrebbe essere un profondissimo, equilibratissimo stronzo?
Un egocentrico che mi usa e consuma a suo piacimento e poi mi butta via come una buccia di limone spremuto pensando anche di avermi dato tantissimo, secondo lui, con tutti i conti all’Harry’s bar che mi ha pagato e gli alberghi a cinque stelle e i concerti alla Fenice? Ma io invece ho l’animella gonfia di passione primitiva e primordiale. La natura o la mamma, che è lo stesso, mi ha fatta così, con una pulsar interiore, una supernova che sprigiona passioni protoniche che nemmeno un buco nero potrebbe esaurire. E anche lui deve sporcarsi un po’ le mani e le sue impeccabili camice nel fango dei sentimenti. Gli farebbe bene una bella scrollatina emozionale, per spolvererargli le idee.
Piccolo notariuccio mio, ora te lo insegno io il codice delle leggi del cuoricino, tu non sai cosa ti aspetta! Non sai che cosa ti si prepara qui nel paiolo, una pozione che fa per te, preparata da Amelia, la strega che ammalia. Mi volevi collezionare tra i tuoi Topolini e i bronzetti ming? Passare dei bei momenti e farti bellissime scopate creative e vivere una bella storia senza impegno? Pensi, dall’alto delle tue trifore, di concederti fin troppo, mio barone, mio duca, mio principe Barbablù?
Perché l’ho vista sui tuoi album di fotografie e tra le raccolte sterminate di diapositive la collezione di donne che ti sei già ripassato, prima e dopo il divorzio. E chissà, già ora, poliedrico come sei, forse vivi in universi paralleli altre esperienze gratificanti: una vecchia amante segretaria che vedi tutti i mercoledi, da otto anni? Qualche scopatina mattutina con Alla, la bionda e procace colf ucraina che poverina spera anche di sistemarsi insieme ai suoi dodici familiari (tra figli, genitori, nonne, nipoti e un genero alcolizzato di cui mi ha parlato la settimana scorsa)? O con qualcuna di quelle eleganti signore ossigenate, cotonate, ingioiellate e maritate che conosci a stormi, a branchi, a greggi in transumanza tra Venezia, Cortina e qualche casale sul Brenta?
Certo che alla tua età, forse non te lo puoi più permettere un ritmo così sostenuto, probabilmente esagero, però te l’ho visto prendere il tè al ginseng…
Quante porticine mi nascondi, affascinante Barbablù?
Le chiavi me le ha date, come nella fiaba.
Sissignori, possiedo copia delle chiavi della dimora notarile! Barbablù è sempre stato un tipo troppo sicuro di sé, gli è andata bene con tante, ma poi e arrivata la signorina Nemesi.
Veramente mi chiamo Bondi, Giovanna Bondi.
Che sembra il calco del mio idolo segreto: – Sono Bond, James Bond.
Come lui ho la stoffa della spia e la licenza di… fare tutto quello che mi pare, che mi pare giusto e sacrosanto secondo il sacrosanto metro della mia coscienza individuale. E per lei spiare il proprio uomo in difetto d’amore è un dovere! Una missione!
Qui si tratta di esplorare attentamente il soggetto ai raggi iks, ricostruire una tac completa del suo mondo esterno ed interno a sua insaputa, con classe, discrezione, abilità. Individuare i punti deboli, le maglie smagliate, insinuarsi nei coni d’ombra, iniettarvi il mio blob dell’amore, che è attaccaticcio, ma dolce come miele e quando si rapprende diventa duro come l’ambra e poi come il quarzo citrino, che è la mia pietra talismano.
E un bel giorno lui scoprirà che sono penetrata nelle sue segrete, quelle vietate, ma mica come quella svitata della fanciulla ingenua.
Sono Bondi, Giovanna Bondi, sì o no?
Scoprirà, dicevo, ma troppo tardi che sono arrivata fino al nervo scoperto, nei sotterranei, che ho fatto una bella pulizia profonda di tutti i cadaveri e gli scheletri delle altre, che ci ho organizzato una bella tavernetta in sasso o mattone vivo, coi soffitti a botte per le cene con gli amici, con forno a legna per le pizze, piadine, tigelle e ci ho organizzato le cantine, che un buon notaio deve avere per forza, coi pavimenti in terra battuta e tutte le bottiglie d’annata in ordine, con un po’ di ragnatele che fa più nobile, e gli aceti balsamici, le grappe… Va bhè. Finiti i lavori, lui scopre che se estraggo il blob cristallizzato sotto le sue fondamenta, potrebbe crollare tutto l’edificio notarile, subito si spaventa, fa l’atto di ribellarsi, poi cede per stanchezza e paura e io trionfante pianto il vessillo dell’amore su tutto il territorio conquistato.
Sì, alla fine cederà per paura. Non è bello, non è del tutto romantico, ma che fare?
Perché non lo sanno, questi Barbablù, ma sono dei bambini terrorizzati, che collezionano tutti i loro giocattolini, che passano dai soldatini e dai lego alle macchine, ai soldi, ai bronzetti ming, alle donne. Che non buttano via niente (anche le donne prima o poi le richiamano, certe sere d’autunno, e collezionano i numeri di telefono), accumulano, s’ingorgano di soldi e potere e illusioni di forza. Ma poi sono bambini spaventati, soli, poco amati, che sognano ancora lo slittino Rosebud, come mister Kane in Quarto potere.
Poverini tutti questi capitani d’industria, amministratori delegati, commercialisti, primari, e compagnia bella!
Povero amore mio, mio straricco, stracolto, strafico notariuccio mio. Mio Vittorio Alfieri! Ti volli, ti volli, ti fortissimamente volli!
Non avere paura!
Ho la chiave e sto arrivando a salvarti!

2 commenti:

  1. mi sembra una bella trovata pubblicare i racconti (e perché no anche le poesie ?) anonimi. Ti regalano libertà completa di lettura e di critica. L'ho letto con grande divertimento. Mentre ascoltavo un Finale presto di Mozart che gli si congenialava, era all'altezza dello spumeggiare. Mi sono piaciute le bollicine dell'ironia, che leggermente inebriano e incoraggiano la lettura, e i rimandi continui, da quel mi chiamo bond, mi chiamo james bond, al vittorio alfieri notaio, harmony e adorno, in un bel misto popolare e alto, e un linguaggio accattivante e scoppiettante, verso la fine si adagia nel consueto, vi traspare la mano femminile, sempre che di mano femminile si tratti, con la vocazione alla redenzione e all'accasamento. non so di chi sia ma merita i miei complimenti. spero di leggerne altri

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  2. Bello, ironico (forse autoironico) e molto divertente! Un libro di racconti così lo comprerei per me senza pensarci due volte e lo regalerei anche. L'immagine del notaio che legge Topolino in bagno, mi sembra geniale. Il racconto mette contemporaneamente ed elegantemente a nudo i mondi maschile e femminile. Sì, perchè gli uomini - anche quelli molto meno raffinati del notaio - sono proprio così. E le donne, osservate dal punto di vista di un uomo, hanno molto di Giovanna Bondi (e di James Bond). Grazie all'autrice - perchè di autrICE si tratta - per la mezz'ora di puro divertimento.

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