Paolo Polvani

Vittoria !



Prima che la pelatina del direttore si affacciasse obliqua dalla porta, d’un rosa di suinesca memoria e d’un affabile paffuto, si verificava un rituale accadimento, fuggevole come un vento che scompiglia le carte ordinatamente accatastate sulle scrivanie.
Lungo tutta la parete, adorna di brutti calendari, come un lampo fluiva la Vittoria di Delacroix.
Attimi, che precedevano l’ingresso del direttore.
-E’ passata, anche oggi è passata ? –
Tra gli impiegati lo sgomento s’impadroniva delle espressioni facciali, volti che s’immergevano dentro un interesse per il lavoro tutto momentaneo.
Il direttore varcava la soglia e cercava lungo la parete le tracce del fugace passaggio.
Un calendario sbilenco confermava i sospetti.
- Anche oggi gli orpelli transalpini si prendono gioco di me. Ma io lo so, sono quegli sciovinisti della direzione centrale. Ma cosa rumina il vostro cervello cinico ? –
La pelatina direttoriale urlava chiazzandosi di lande vermiglie, afflussi sanguigni dispari come promontori e chiazze maculanti di rosso i bei riflessi al neon.
- Ancora lei, la Vittoria di Delacroix, con tutto il suo carico di orribile retorica, quella testaccia cotonata, le chiome patriottiche che puzzano di televisione, quell’unico seno nudo che trabocca d’insana opulenza, la volgarità di quel seno profferto alle passioni delle masse, m’indignano fino all’oblio. -
Il fervorino socio estetico del direttore s’infiocchettava di simili passaggi ormai familiari.
- E la coccarda, l’assurdo profumo di quella coccarda ! –
La fuggevole epifania di quel rottame patriottardo infastidiva anche gli impiegati.
L’apparizione si consumava in un lampo, ed era duttile alle soggettive impressioni.
Per alcuni la Vittoria di Delacroix non aveva né piedi né gambe, ma volava dentro le vesti fruscianti d’un volo rettilineo e diretto, fino a perdersi oltre il bancone.
Per altri invece il volo aveva andamento saltellante.
Ma ormai la discussione aveva perso lo smalto dei primigeni entusiasmi e affanni del direttore.
Accadeva ormai da anni che il suo ingresso fosse preceduto dalla fulminea apparizione.
Sempre sullo stesso sfondo di parete, sempre nello stesso ufficio e con le modalità di cui sopra.
Che fosse Delacroix l’aveva snocciolato uno degli impiegati appassionato d’arte.
Riferì d’aver svolto ricerche, elencò date, fornì documentazioni e supporti critici.
Obiezioni non se ne sollevarono, un distratto assenso costituì l’unanime acclamazione.
L’apparizione che precede l’arrivo del direttore è la cosiddetta Vittoria che guida i rivoltosi alla Bastiglia, opera di tale Delacroix, nato il e morto il, letto e sottoscritto.
Il direttore colmava lo spazio dell’apparizione di passettini nervosi, come se volesse esorcizzare dalla parete il malvagio spirito che l’albergava.
-Sì, io riconosco che al successo competa l’appannaggio di adeguate manifestazioni esteriori.
Concordo che lo scettro fa il re. Ciò che appare manifesta l’essenza.
Sulla mia testolina non più gratificata da una robusta selva di capelli si frange il riflesso del neon, e ciò è corretto, io sono il direttore, la testa pensante di questo istituto, e il successo mi arride sotto forma di deferenza dei collaboratori, rispetto dei clienti e fiduciosa confidenza, appannaggi e altro che voi sapete.
Ma questa Vittoria di Delacroix io non la sento mia, non possiedo alcunché di transalpino, tantomeno sentimenti patriottici, non so darmi ragione, e quindi pace.
Ecco, io allora invidio, e pubblicamente lo dichiaro, il direttore della Cassa rurale di Spinazzola. -
(Pausa, e conseguente illuminazione)
- Sì, lo invidio perché è un uomo fortunato.
La sua apparizione è preceduta nientemeno che dalla Nike di Samotracia.-
Il direttore pronunciava le ultime parole in un diminuendo disperato e ispirato.
- La famosa Nike acefala, dalle grandi ali.
Le sue origini risalgono al 200 prima di Cristo, la bella Nike alata che si erge sulla prua di una nave, la tunica violentemente invasa dal vento.
Ebbene è quella la personificazione del trionfo.
Quale violenta e dolce sensualità scaturisce da quella veste.
E le ali, quelle ali piumate abitatrici del vento, e quel seno, la cui misura è la migliore garanzia di gusto.
Per non profferir parola circa la sua caratteristica primaria: l’assenza di testa che si presta alle più audaci e contraddittorie interpretazioni.
E’ questo l’appannaggio di un giusto successo.
E le implicazioni sociostoriche, il mare nostrum, la nostra terra lambita dal Mediterraneo.
Altro che addobbi squalificanti della transalpinità.
Ma io lo so, dietro l’apparizione della Vittoria di Delacroix ci sono gli sciovinisti della direzione centrale, che prendonsi gioco di me. –
E svaniva dietro la porta, i passettini nervosi inghiottiti in fretta dalle rampe di scale.

3 commenti:

  1. Ben scritto, ironico, affascinante...
    C.

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  2. Divertente. L'ho letto col sorriso sulle labbra.
    ... e oltretutto un giusto rimbrotto per quel trombone di Delacroix :-)

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