Paolo Santarone

E fuori, il mondo…


Io la Natalina non l’ho conosciuta. A parlarcene era la Carla, l’unica persona che si prendesse cura di lei. Ora che la vecchina è morta, la mia amica rifiuta quasi irosamente d’ammettere che nessuno, lei compresa, avrebbe potuto provare un po’ d’affetto per la Natalina, ma io so che mente: la accudiva per un suo personale senso del dovere e della pietà, ma volerle bene era proprio una cosa impossibile.
Viveva in una perenne paura degli altri, convinta che il mondo intero congiurasse per derubarla o per deriderla. Non dava niente e non chiedeva niente.
Si sapeva che aveva un po’ di soldi da parte, ma a lei bastavano poche migliaia di lire (o si dovrebbe dire oggi pochi euro?) per vivere la sua lunga sopravvivenza settimana dopo settimana. Si cibava di quel che capitava, comprando sì e no il pane e un po’ di latte o qualche uovo. Niente frigorifero, naturalmente, e un fornelletto a due fiamme che usava il più raramente possibile. Aveva il riscaldamento in casa ma non lo usava: rubava quel po’ di tepore che poteva arrivarle dagli appartamenti vicini e nei mesi freddi s’infagottava in strati di vestiti che la rendevano gonfia come un clown. D’altronde, di casa non usciva quasi mai: anche se credo non disdegnasse, non vista, qualche rovistatina nei bidoni della spazzatura, non era una barbona da strada, anzi difendeva con caparbietà un decoro che poteva essere salvaguardato solo con l’artificio dell’autoreclusione. Solo Carla e l’amministratrice del condominio avevano accesso alla prima stanza dell’appartamento della Natalina, che la vecchia teneva in ordine, io credo, solo in attesa di quelle loro visite. Le altre stanze erano precluse e segrete.
Nessuno al mondo amava la Natalina e la Natalina non amava nessuno al mondo, meno che mai quelle sue parenti che l’avevano lasciata sola, dopo averla vanamente circuita per carpirle – così lei sosteneva – qualche bene, qualche soldo, qualche chissacosa.
Un giorno l’amministratrice telefona alla Carla: di punto in bianco, la Natalina ha deciso di farsi ricoverare in un ospizio. E’ meglio così – ha detto, – così non do disturbo a nessuno. E senza dare disturbo a nessuno la novatatreenne Natalina è morta una ventina di giorni dopo il ricovero.
Con sua sorpresa e con tremendi sensi di colpa (è fatta così, che cosa possiamo farci?) la Carla si scopre erede universale: novantotto mila euro sul libretto al portatore e l’appartamento, vecchio ma con vista sul lago, e in pieno centro della cittadina.
Da padrona, ora la Carla può finalmente entrare anche nelle altre stanze. L’effetto d’insieme è disastroso: la decadenza, lo squallore, l’accumulo irragionevole d’ogni sorta di cose brutte e inservibili fanno della casa un antro senza tempo e senza gloria, nel quale però spunta qua e là un oggetto degno d’essere salvato. C’è di tutto: qualche mobile antico e di un certo valore insieme a mutande vecchie di quasi un secolo, coperte UNRA e porcellane locali ormai rese preziose dall’antichità e dal buono stato di conservazione. E ci sono, nascosti nei posti più impensabili, i biglietti: decine e decine di biglietti conservati dalla Natalina a futura memoria.
Dopo aver commesso l’errore di parlarmi dei biglietti, ora la Carla si è pentita perché teme che la mia curiosità possa tradursi in una profanazione. Ora dice che non è vero, che di biglietti ce n’erano pochissimi. E così dopo giorni di pressioni e contrattazioni sono riuscito a ottenere solo tre foglietti manoscritti. Forse sono quelli che la Carla considerava più nobili, o almeno più innocui.
Li ho qui. Li ho disposti in un ordine che mi sembra il più logico. E ora gioco ad inventarmi un personaggio basandomi sull’unica tenue traccia di questi tre fogliettini di carta.
Il primo mi sembra un tentativo di spiegazione, una giustificazione di quella vita così priva di ragioni.
Un infanzia patita dura tutta la vita.
Una vita negli anni più belli con delle preoccupazione e tribulazioni così detesto gli sprechi in realtà non riesco a buttare via niente. Quello che ò lo sudato a spremere i miei soldi vien fuori sangue e sudore. Nel sangue ò una montagna di amaresse e così mi sento distaccata da tutti.
Non abbiamo mai avuto affetto ne compressione. Quando non ci sarò più che verrete in possesso dei mie risparmi abbiate la compiacenza di leggere questi scritti. Sono diventata così staccata per i torti che ò subiti durante la vita.
Eh, la nostra Natalina letterata! La grafia è ordinata, precisa, con qualche svolazzetto elegante che fa perdonare gli errori che ho fedelmente trascritto. Sbaglio o la prima riga è un distico mascherato?
Un’infanzia patita
Dura tutta la vita
Due settenari in rima: anche se la Carla non vuole capirlo, la Natalina scriveva per i posteri. E d’altronde è lei stessa ad invocare “la compiacenza” di leggere i suoi scritti.
Anche questo che è indirizzato a Dio.
O mio Dio jahvè liberami dalle incertezze della vita dall’anzia e da quel senzo di paura che è in me; non mi lasciare così te ne prego ardentemente esaudiscimi le mie preghiere. Illuminatemi la mia intelligenza che io possa capire quando tu mi dai la grazia di qualcosa che io possa bene accettarla. Porta la grazia e il sorriso al mio cuor fa che la mia V. possa avere la gioia di vivere.
E sul retro dello stesso foglietto:
O mio Dio jahvè io mi rivolgo a voi per avere avere aiuto e protezione fammi la grazia che gli impiegati di … mi facciono le cose giuste onemente. Esaudiscimi le mie preghiere io sono sola ò tanto bisogno del tuo aiuto. Fammi la grazia che il porta lettere mi porti la mia corrispondenza specialmente le lettere dalla ba… con su i miei interessi.
E’ proprio pensando ai posteri che la Natalina omette di far nomi, antesignana della privacy. Chi è o che cos’è la “V.”? la mia “V.”? Difficile, conoscendo la vecchia, pensare a una persona, ma chi se non una persona può provare gioia di vivere? Dunque c’era qualcun’altra, oltre alla Carla e all’amministratrice? Qualcuna così cara da meritare quell’attributo di “mia”?
Considerato il contesto, “la mia V.” potrebbe essere semplicemente “la mia vita” e così avevo interpretato ad una prima lettura. Ma ora non so più. Un amore segreto nella storia della Natalina? E’ questa la ragione dell’improvvisa reticenza della Carla?
Nessun mistero, invece nella preghiera scritta sul verso: a matita – e probabilmente nel dubbio che Dio potesse non capire o mal indirizzare la sua grazia – la Natalina ha scritto in margine nome e cognome degli impiegati, e la “ba…” non può essere altro che la banca, il cui nome è però scrupolosamente omesso.
Mi piace, francamente, la semplicità di questa commistione fra Jahvè, Mammona e (forse?) Venere. Se il mondo spirituale della vecchia era questo, per quale ipocrisia avrebbe dovuto censurare perfino queste “lettere a Dio” scritte nel segreto dell’anima?
Il terzo e ultimo biglietto è il più lungo e il più cronachistico. Questa volta sono io a dover applicare degli omissis, perché, ovviamente, nessun riferimento è mai – né qui né altrove – puramente casuale.
44 anni fa morì la proprietaria dove abitavamo. A Laveno è sempre stato così a trovare case in afitto è dificile, preferivono afitarle ammobiliate. E siamo stete costrette a comprare un piccolo appartemento. A quei tempi vi erano tanti che costruivano appartementi in condominio. Allora le paghe era basse, la Giulia di notte non dormiva diceva lavoriamo tutte 2 nella medesima Fabbrica se per mancanza di lavoro la chiudessero cosa facciamo. Si mangiava solo pane niente divertimenti. Abbiamo trovato di fare le cassiere qui a Laveno al cinema * e Giulia a **. Di domenica era al pomeriggio e alla sera era continuato, e in settimana solo 3 giorni solo alla sera, e di giorno in Fabbrica. I sacrifici li abbiamo fatti noi 2. Perché pretendere la nostra roba. Quando Giulia non stava bene mi diceva, io muoio presto e tu se trovi una persona che ti aiuta e ti guarda nella tua vecchiaia lascia lappartemento, se non la trovi lascia la casa a quelli dei tumori.
Abbiamo assistito il dolore di nostra madre morta di tumore. Abbiamo fatto tanti sacrifici per comprare le medicine, a quei tempi le malattie croniche la mutua non passava niente. Il medico era il dottore *** era uno che andava a letto con i suoi pazienti,
Se fossi stata una di quelle… mi avrebbe aiutata cambiando la malattia in cualcosa daltro.
E’ tutta qui la storia di Natalina l’avara, di Natalina la cattiva? Bastano tre foglietti a raccontare una vita? Forse la mia amica Carla sa più cose, forse protegge qualche altro segreto affidato ai bigliettini che arricchirebbe le sfaccettature del personaggio. Ma io so e posso raccontare solo quello che si legge in quei tre foglietti.
Ora la Carla si tormenta per quell’eredità che la offende. Non l’ho fatto per il denaro, dice. E ha deciso di tenersi l’appartamento e di consegnare i soldi a due lontane nipoti della Natalina. Abbiamo cercato di spiegarle che la vecchia si rivolterà nella tomba, ma la Carla è irremovibile.

6 commenti:

  1. Laveno è un luogo che ho amato molto.Si lascia abbracciare dal lago,dalle sue voci antiche,ora capisco che una di queste era di Natalina.Penetrante e mistica come l'eremo di S.ta Caterina che cade a picco nell'acqua e medita negli occhi,nelle orecchie curiose di chi resta o passa che è la stessa cosa.La solitudine ha funzione di luogo,di eredità,di conoscenza.I tre biglietti come le isole borromee,come l'acqua del lago che bagna rive diverse,ma un'unica terra.Al lettore non rimane che gestire nell'eredità di Natalina,l'umore straziante dell'esistenza,delle sue profondità....

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  2. Mirabile lavoro giornalistico piu' che racconto, dove Natalina e' il vero protagonista piu' che l'autore. Il giornalismo che vorrei leggere, sempre. Ben scritto, ben documentato, umano ma basato sulle testimonianze, scritte, tangibili. E la poesia della scelta del soggetto... Qui si' che esce il poeta, la "penna d'oro". L'argomento-soggetto-protagonista rivela l'interiorita' dell'autore, ne metaforizza il sentire. Sono una lettrice soddisfatta. CZ

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  3. Sonia, ma tu leggi e scrivi alle 3 e mezzo di notte?
    A Laveno vado più volte alla settimana, perché ci vivono persone che mi stanno molto a cuore. Sono i posti di Pietro Chiara, autore che invece amo pochissimo. E' il profondo nord, per me che sono di sangue mediterraneo.
    Il Lago Maggiore, a mio parere, è secondo solo al lago di Garda tra le bellezze dell'Italia interna, dell'Italia non marittima. Ma purtroppo fa pur sempre parte di una terra gretta, chiusa, in cui le persone sono così spesso sole, legate da vincoli che un tempo erano di sopravvivenza e ora solo di denaro e interessi.
    La globalizzazione culturale, che altrove ha forse fatto danni, qui invece produce qualche beneficio. "Carla", infatti - anzi la Carla, per dirla alla lombarda - è una di questi posti, ma ha calore e passioni quasi meridionali. E poi la diffusione dell'italiano in sostituzione del dialetto (i giovani ormai il dialetto neanche lo capiscono) ci ha resi, con mia gioia, un po' più italici.
    La Natalina - personaggio un po' inventato e un po' vero - è secondo me un simbolo di questo individualismo esasperato che sfocia in disperate solitudini.

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  4. Dovrei poter tradurre in personaggi verghiani i due presenti nella "novella" di Paolo S., ma la Natalina, oltre a racchiudere nei pochi bigliettini disponibili l'intera sua vita, ne rappresenta le aspirazioni, anche quelle relative al suo rapporto con un dio il cui nome non dovrebbe essere mai pronunciato, ma che ne costituisce l'anelito, restituendo all'avara Natalina una ormai non più miseranda umanità. In una sorta di riscatto finale, quasi previsto dalla illetterata Natalina, appaiono i contorni di un grande cuore che ha sempre taciuto e celato se stesso, e alla cui generosità La Carla non ha la capacità di credere. Un racconto denso e intenso, di una grande semplice bellezza. Un dono del quale dobbiamo essere grati a Paolo Santarone.

    Antonino Caponnetto

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  5. [Ora la Carla si tormenta per quell’eredità che la offende. Non l’ho fatto per il denaro, dice. E ha deciso di tenersi l’appartamento e di consegnare i soldi a due lontane nipoti della Natalina.]

    Magnifico finale. Natalina aveva condotto una vita grama senza scordarsi però prima di passare a miglior vita di lasciare una piccola fortuna a una donna che le era rimasta accanto. Due generosità che si riconoscono, sentimenti belli e un riscatto della vecchina davvero sorprendente. Ho letto con vero piacere. Grazie.

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