Paolo Zanardi

La Cordigliera


- No, basta, l'auto non ce la fa...
Guidando la gloriosa e bianca Hyundai tre volumi, Sonia ripeteva questa e altre frasi dello stesso tenore. La malconcia vettura era parsa effettivamente sul punto di cedere in svariate occasioni, l'odore di frizione bruciata riempiva l'abitacolo e la salita non dava tregua. I tornanti sembrava non dovessero terminare mai e dopo ogni costoluta curva ne appariva sempre un'altra e poi un'altra ancora. Lunghi camion ci precedevano e ci seguivano, così che ad ogni svolta si aveva la sensazione di poter rimanere schiacciati tra due di essi.
Sonia alternava frasi preoccupate a smorfie che tradivano altrettanta apprensione.
- Torniamo indietro, al primo spiazzo faccio manovra e torniamo indietro, non voglio rimanere in panne quassù.
Così diceva, e io annuivo. Tuttavia l'occasione era ghiotta e ormai avevamo percorso il grosso del tragitto. Eravamo partiti da Santiago - livello del mare o poco più - un paio d'ore prima, per cominciare a salire praticamente subito, da dove la città inizia ad aggredire le pendici della Cordigliera. Destinazione Portillo, non lontano dal confine con l'Argentina, 3300 metri circa di altitudine e di dislivello da coprire, percorrendo inclinazioni da sfida alla legge di gravità.
Le Ande alle spalle di Santiago, ogni volta che mi sono soffermato ad ammirarle, mi hanno dato l'idea di un muro, una barriera che la metropoli tenta rabbiosamente di erodere venendone inesorabilmente respinta, una fortificazione che difende e che isola, che orienta e sbarra il passo.
"Vai verso la Cordigliera", oppure "prosegui verso ponente, lasciati dietro la Cordigliera", o anche "guida verso sud, vedrai la Cordigliera alla tua sinistra e, ogni tanto, l'oceano alla tua destra". Così si esprime un cileno quando si trovi a dare indicazioni allo straniero perso ad una qualsiasi latitudine di questo paese sottile e lungo come una sciarpa. Ma anche per chi non si orienti tra le tante "cuadras" tutte uguali del centro di Santiago, il consiglio è sempre quello: "mira a la Cordillera" , "camina hacia la Cordillera" , "anda en sentido opuesto a la Cordillera" . Lo sconcerto e l'imbarazzo del viaggiatore iniziano quando la Cordigliera sia resa invisibile, assolutamente non percepibile per mezzo del senso della vista a causa dello smog giallognolo che la metropoli produce. In tal caso non resta che fare affidamento su qualcosa di mistico, una capacità di percezione "altra", giacchè il riferimento è sempre Lei, la Cordigliera, divinità femmina onnipresente, buona o cattiva o capricciosa come quelle di qualsiasi pantheon.
La Cordigliera, non le Ande nè Los Andes - in spagnolo al maschile - anche se con un po' di volgarità potremmo dire che sono la stessa cosa: "Cordigliera" è un nome proprio, da scriversi con l'iniziale maiuscola, con il rispetto che si deve a ciò che si ama e forse si teme.
Los Andes è invece il nome dell'unica cittadina di una certa importanza nelle vicinanze della nostra meta; meta che, come si diceva, cominciavamo a disperare di poter raggiungere. A Los Andes arrivammo percorrendo la Ruta 57 (Cincuenta y siete) e successivamente la Autopista de Los Libertadores, nomi eroici che richiamarono alla mia mente i romanzi d'avventura, divorati durante la fanciullezza trascorsa in solitaria lettura tra le primissime colline dell'Appennino emiliano. Beninteso, non i racconti sdolcinati alla De Amicis (sorry, Edmondo...), niente a che vedere con "Dagli Appennini alle Ande", bensì storie di fuorilegge, di indios e frecce avvelenate, di briganti patagonici e così via. Nomi eroici di carreteras che attraversano un romantico, silenzioso Nulla e sfiorano appena paesini a stento menzionati sulle mappe.
- Guarda come si scalda il radiatore, non ce la facciamo...
Invece arrivammo. Tra due muri di neve compatta che arrivava a coprire i cartelli stradali ai lati della carreggiata, arrivammo. La Laguna del Inca ci accolse nel suo abbraccio silenzioso e algido, ghiacciata nel luglio australe, incastonata e levigata come una gemma tra i picchi bianchi. Qua e là affioravano spuntoni di roccia dal manto intatto; tutto gocciolava stalattiti di ghiaccio. Eravamo sulla Cordigliera, benchè non in uno dei punti più elevati. Ci trovavamo sul dorso del dinosauro e ne potevamo toccare le vertebre, ne potevamo sentire l'alito gelato ed il profondo ruggito preistorico. Dietro ci eravamo lasciati l'interminabile teoria di spire del lungo anaconda andino, attorcigliato lungo i fianchi del mostro nella tensione dell'immane, ciclopico intento di soffocarlo in una stretta.
Non rimanemmo a lungo lassù; solo il tempo di respirare l'aria rarefatta di quel luogo che ci sembrava così vicino alla luna, così immenso nella sua solitudine solcata appena dai pesanti camion diretti in Argentina. Scattammo le foto di rito: Sonia sorridente con i capelli sciolti sullo sfondo del lago ghiacciato, io che guardo pensoso l'impressionante pigra coda di tir in attesa alla frontiera, le sculture di ghiaccio modellate dal vento, uno sciatore solitario in lontananza, le ossa pietrose del sauro minaccioso ed immobile. Poi giù, nuovamente lungo la statale, stavolta verso Santiago. Un comico cartello semisepolto dalla neve avvisava: "attenzione alle curve".
Stavolta a riempire l'abitacolo era l'odore dei freni surriscaldati, cigolanti ed apparentemente sul punto di non potercela fare a lungo, così sottoposti alle sollecitazioni imposte dal percorso.
Un po' più a valle, sui muri di cemento armato posti a sorreggere i fianchi della montagna, iniziammo a leggere scritte a carattere politico che invitavano a votare o a non votare per questo o per quel candidato di questa o quella alleanza elettorale, segno inequivocabile del fatto che stessimo tornando alla "normalità", a luoghi più densamente abitati dall'uomo, meno divini e meno spaventosi, più prosa e assai meno poesia.
Trovammo la città così come l'avevamo lasciata, con semafori e cavalcavia ognuno al proprio posto, mendicanti e lavavetri ognuno al proprio incrocio, centri commerciali e cani randagi e tutto il resto esattamente come qualche ora prima.
E la Cordigliera sempre là, a orientare, incombere, proteggere, ispirare.

4 commenti:

  1. a me questo racconto piace perché deriva da un'esperienza diretta e si sente,
    si avverte la partecipazione e la tensione, e soprattutto perché il racconto
    diventa metafora di qualcosa di molto più grande, è come se la hyunday
    arrampicandosi sulla cordigliera allargasse l'orizzonte del racconto,
    consentisse di vedere più cose di quante ne vedevamo prima.
    solo che non è un racconto anonimo, io vedo la firma più volte, c'è sonia, c'è
    la pianura padana, c'è santiago e il cile, ci sono i romanzi d'avventura di cui
    ho letto in alcune poesie, manca solo la zeta di zorro e la targa della
    hyunday

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  2. Girellando per il blog ho trovato questa gradita sorpresa di un racconto di viaggio por mi querido Chile, Cile amato e mai preso in considerazione come concreta meta perche' voglio che rimanga nel mio immaginario come un'utopia, come Paolo lo descrive: una sciarpa lungo la colonna vertebrale, che biancheggia al sole, di un antico dinosauro. La cordillera che orienta il viaggiatore ma talvolta orienta anche vite che vi si srotolano lontano. Che bel racconto di viaggio! Ottima prosa.
    CZ

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  3. Mi sono persa la Sonia.
    Perche' avevo pensato a una storia romantica? Perchè sono una donna?
    E allora non sono riuscita a finire di leggere il tuo bel racconto.
    Sonia ti e' servita per aprire e chiudere. Povere donne!

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  4. Cara Anonima, già, perchè avevi pensato ad una storia romantica? Credo che in questo racconto (bello? brutto?) l'unica protagonista sia la Cordigliera. Poi ci sono alcune comparse: Sonia, il sottoscritto, la Hyundai, ecc. Se qualcuno o qualcosa monopolizza il tutto o addirittura se ne serve, dovresti prendertela con la primadonna, non con l'autore ;-)
    Grazie per la lettura, benché incompleta.

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